Come si sta trasformando il nostro modo di vivere l’amore sotto l’influenza, sempre più invasiva, della tecnologia? Questa è la domanda che si pone Spike Jonze nel suo ultimo acclamatissimo film, Lei.
Il regista americano, che già ci aveva abituato a trame surreali e sorprendenti con opere di culto come Essere John Malkovich (1999) e Nel paese delle creature selvagge (2009), si riconferma uno dei più interessanti autori in circolazione, dimostrando di aver meritato il Golden Globe e l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale.
Protagonista assoluto del film è Theodore (uno straordinario Joaquin Phoenix), grigio scrittore di lettere d’amore per conto terzi, depresso per la separazione dall’amatissima moglie e con rapporti sociali ridotti quasi a zero. Tanto bravo a descrivere i sentimenti di perfetti sconosciuti quanto incapace di esprimere i propri, i suoi unici passatempi sono tecnologici: smartphone, computer e videogiochi.
Il colpo di genio di Jonze consiste, però, nell’ambientare la vicenda in un futuro prossimo dove sono acquistabili vere e proprie intelligenze artificiali. E Theodore finirà per innamorarsi di questa sorta di Siri evoluto, in grado di prevedere e assecondare ogni sua esigenza, che nella versione originale ha la voce sensualissima di Scarlett Johansson.
Ma può una “macchina” sostituire un essere umano? O è solo un modo per sfuggire dall’imprevedibilità e complessità dei rapporti sentimentali reali? Questi i dubbi che tormentano il protagonista, alle prese con una deriva esistenziale fatta di appuntamenti al buio, ménage à trois molto particolari, rotture e ripensamenti, che condurrà a un finale totalmente inaspettato.
Lei è un melò futuristico, che evita intelligentemente la tecnofobia hollywoodiana (si pensi a Terminator o Matrix), lasciando lo spettatore spaesato e senza risposte proprio come Theodore. In fondo non siamo tutti noi “alienati” dal mondo virtuale, che sottrae sempre più tempo e attenzione alla vita “reale”? E quanti si sono innamorati o hanno tradito il proprio partner sui Social network? Ma chi può dire che sia più sano tornare indietro a una vita completamente offline? E poi il progresso incalza inarrestabile e con la tecnologia bisogna imparare a conviverci, evitando di farci soffocare o condizionare.
Tra rifiuto totale e adesione incondizionata la soluzione migliore sembra stare come al solito a metà strada, ossia in un ripensamento intelligente del nostro rapporto con le nuove tecnologie, predicato da molti libri usciti di recente, tra cui cito Entro 48 ore: Un'esperienza di downshifting tecnologico di Giovanni Ziccardi e Sopravvivere alle informazioni su Internet: Rimedi all'information overload di Alessandra Farabegoli.