Siamo uomini o cani?

Valentino G. Colapinto
Divampa la polemica su Facebook dopo l'accalappiamento di alcuni randagi
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Giovedì 9, sul frequentatissimo gruppo Facebook Acquaviva Partecipa, il sindaco Davide Carlucci ha informato la cittadinanza che – a seguito di molte segnalazioni di cittadini spaventati – aveva provveduto a far accalappiare i cani randagi che si aggiravano in via Machiavelli e che avrebbe fatto catturare anche i randagi di via don Cesare Franco e altre zone del paese. Ha infine suggerito di non dare da mangiare ai suddetti animali nell’abitato per motivi d’igiene pubblica.

Sembrerebbe una notizia di ordinaria amministrazione eppure tanto è bastato per scatenare una valanga di proteste online da parte degli animalisti locali (nel momento in cui scrivo la discussione è arrivata quasi a cinquecento commenti). Motivo del contendere, sia il divieto di nutrire i randagi in paese che la decisione di rinchiudere alcuni di loro nel canile comunale. Si sono così duramente scontrate sul web due esigenze distinte e opposte: da un lato la legittima paura da parte di molti concittadini nei confronti di cani senza padrone e potenzialmente pericolosi e dall’altra la difesa a oltranza dei diritti degli animali equiparati a quelli degli umani.

Grazie all’affermarsi della rete è, infatti, sempre più diffusa una nuova categoria antropologica: l’animalista digitale, che trascorre le sue giornate condividendo su Facebook foto di cuccioli abbandonati o poveri cani rinchiusi da anni in canili lager; è alla continua ricerca di adozioni e fondi per pagare veterinari; combatte a spada tratta ogni tipo di sperimentazione sugli animali e, nei casi più estremi, sostiene fervidamente la causa vegana e antispecista. Come si è visto ultimamente a proposito di Caterina, una ragazza affetta da malattie molto rare, insultata da alcuni animalisti perché sosteneva la sperimentazione medica sugli animali.

Per gli antispecisti, infatti, gli animali senzienti hanno stessi diritti degli esseri umani: per loro la vita di un bambino ha lo stesso valore di quella di un cane o un topo, per intenderci. Opinione alquanto discutibile e per fortuna non supportata dalle leggi italiane, che difendono sì gli animali ma senza mai equipararli agli uomini. E quando alcuni cittadini fanno notare, sempre su Acquaviva Partecipa, che essere seguiti e circondati da branchi di randagi non è molto piacevole, si scatena subito la polemica. Per gli animalisti, infatti, i cani sarebbero tutti buoni e se attaccano è solo colpa degli umani che li “spaventano” o non sanno interpretare adeguatamente i loro segnali. I cani andrebbero lasciati liberi, secondo loro, anche perché i canili sono già pieni oltre i limiti consentiti.

Questo è sicuramente vero, la Puglia detiene il record nazionale di 134 canili, che ospitano oltre 22mila cani, e un numero molto maggiore di randagi (in tutta Italia si calcola ce ne siano almeno mezzo milione). Colpa delle mancate sterilizzazioni e di un’incultura dell’abbandono, peraltro punibile come reato penale. Ma non si può certo pretendere che Acquaviva delle Fonti si trasformi in una sorta di grande canile a cielo aperto. Come ricorda infatti il ministero della Salute, numerosi sono i guai che il randagismo comporta: dal potenziale rischio di aggressione ai pericoli per la salute.

I randagi, infatti, diventano serbatoio e veicolo di malattie infettive e infestive, alcune delle quali trasmissibili all’uomo, non essendo sottoposti ad alcun controllo sanitario. E possono anche causare incidenti stradali: ogni anno si registrano centinaia di sinistri, anche mortali, causati da animali randagi. Il randagismo è causa di degrado e inquinamento ambientale sia nel contesto urbano, che nelle campagne, con conseguente proliferazione di topi e insetti, che a loro volta costituiscono una possibile fonte di pericolo per l’uomo.

Come affrontare e risolvere il problema allora? Nessuno ha la bacchetta magica, purtroppo, ma bisogna senz’altro seguire l’esempio dell’Italia settentrionale dove massicce campagne di sterilizzazioni e adozioni hanno quasi sradicato il randagismo. Senza arrivare alle misure di nazioni come USA, Gran Bretagna o Spagna, dove i cani ospitati nei canili sono soppressi, se non trovano adozione entro qualche settimana. È evidente che col perdurare della crisi per molte famiglie adottare o mantenere un animale domestico diventi sempre più complicato, ma ciò non deve esimerci da comportamenti responsabili. Chiunque voglia può aiutare le associazioni animaliste che lavorano concretamente sul territorio a fianco delle istituzioni. Tra queste ricordo l'associazione di volontariato Legalo al Cuore ONLUS, che è attivo nel canile comunale, gestito dalla Lega nazionale del cane (in attesa di un nuovo bando di affidamento).

domenica 12 Gennaio 2014

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