Attualità

“L’unica soluzione al randagismo sono le sterilizzazioni”

Valentino G. Colapinto
Intervista a Patrizia Buonadonna di "Legalo al cuore"
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di Valentino G. Colapinto

Patrizia Buonadonna, responsabile della sede distaccata ad Acquaviva delle Fonti dell’associazione “Legalo al Cuore” di Bari, ha lanciato tramite il web nei giorni scorsi una denuncia contro le istituzioni locali, riguardo al disinteresse e l’errata gestione dell’emergenza randagismo nel nostro Comune.
Siamo andati a intervistarla per capirne di più.

Vuole spiegare ai lettori cos’è l’associazione Legalo al Cuore, quando è nata e quali sono i suoi scopi?
Legalo al Cuore è un’associazione animalista di volontariato con sede a Bari, costituita il 28 febbraio 2008 con regolare atto notarile e iscritta all’anagrafe delle Onlus dell’Agenzia delle Entrate di Bari. Va detto che i singoli soci operavano già da decenni sul campo, ma in maniera informale. Ad Acquaviva è operante un distaccamento, privo per adesso di una sede fisica ma molto attivo sul territorio del nostro comune e di quelli limitrofi.
Perseguiamo politiche di prevenzione e contenimento delle nascite indiscriminate tramite sterilizzazioni con successivo reinserimento degli animali sul territorio; curiamo gli animali randagi; organizziamo campagne di sensibilizzazione, azioni di sostegno al ritrovamento degli animali smarriti, promozione di adozioni (effettive o a distanza) e nel medio-lungo termine vorremmo attivare un rifugio presso cui ospitare in sicurezza gli animali meno fortunati.
I soci iscritti sono, al momento circa duecento. La nostra metodologia operativa è basata sull’assoluto volontariato e i mezzi economici necessari a espletare le nostre attività sono reperiti con autotassazione da parte dei soci, raccolta di fondi mediante libere donazioni e organizzazione di eventi.

Qual è la differenza tra Legalo al Cuore e altre associazioni animaliste?
Il nostro approccio al problema o meglio all’emergenza del randagismo è diametralmente opposto rispetto a quanti continuano a coltivare la “cultura” o il “business” dei canili, che spesso rischiano di diventare dei lager e che, comunque, pesano in maniera non indifferente sulle casse comunali.
Noi vogliamo che i cani siano lasciati liberi, non rinchiusi in gabbie né in recinti più o meno grandi ma pur sempre recinti. È necessario garantire, però, l’incolumità dei cittadini, nonché impedire la proliferazione dei cani randagi.
L’unica soluzione al randagismo è la sterilizzazione seguita dalla microchippatura e reintroduzione in libertà dei cani, pratiche prevista dalla L.281/91. Grazie alle sterilizzazioni, il randagismo è stato debellato in regioni settentrionali come la Lombardia.
Qui al sud, invece, permangono sia tabù ideologici che vedono nelle sterilizzazioni un “atto contro natura”, una violenza contro l’animale, e sia interessi economici intorno alla gestione di canili sempre più affollati e quindi sempre più redditizi.

Acquaviva è nota per il cronico sovraffollamento del canile municipale nonché per la notevole diffusione di cani randagi, che per alcuni sarebbe anomala. Circolano a proposito leggende metropolitane, secondo cui cani di paesi limitrofi sarebbero stati trasferiti in passato mediante furgoni nel nostro territorio e poi qui abbandonati. Qual è la sua opinione?
Il problema di Acquaviva, che poi ha portato all’attuale situazione di emergenza, è la mancanza di una seria campagna di sterilizzazioni da parte dell’ASL veterinaria. In alcune regioni del nord i canili ospitano al massimo ottanta-novanta unità e non quattrocento come qui ad Acquaviva e più in generale al sud.
Aumentare le dimensioni dei canili o moltiplicare i canili è assolutamente inutile, perché se non si sterilizzano le cagne randagie, il problema si ripresenterà entro breve tempo e continuerà a incancrenirsi.
In passato la scusa era che mancava il canile sanitario all’interno del canile municipale. Oggi c’è, e quindi non sono più tollerabili altri ritardi. L’Asl ha il dovere di sterilizzare.
Da quattro anni stiamo supplendo alla sua inadempienza, sterilizzando gratis i randagi di Acquaviva. E i risultati si sono visti, perché nella zona industriale prima c’erano trenta-quaranta cani, mentre adesso non ce ne sono più di quindici, e tutti docili.
Un altro obbligo previsto per legge è quello di microcippare i cani, inserendoli nell’Anagrafe canina. Purtroppo, ad Acquaviva non si fa, perché si teme che identificare un cane equivalga a sobbarcarsi di un peso e di un rischio, laddove lo stesso aggredisse qualcuno.
Ma se un cane crea problemi all’interno del territorio comunale, la responsabilità è comunque del Sindaco, che sia stato microchippato o meno. E la mancata microcippatura porta a obbrobri come operare di nuovo cagne già sterilizzate anni addietro.

Perché criticate i recenti accalappiamenti di randagi?
Perché non sono stati mirati, ma fatti a casaccio e senza alcun criterio. Sono state accalappiate presso la zona industriale cagne anziane e da noi già sterilizzate – ben integrate, accudite e assolutamente innocue.
E sono stati rilasciati cani in precedenza accalappiati con un colpevole ritardo, che rende questi rilasci dei veri e propri abbandoni.
Come faranno a sopravvivere quei cani?
L’ultimo episodio clamoroso si è verificato poco tempo fa, quando è stata rimessa in libertà una cagna sofferente di leishmaniosi, che non si reggeva neppure in piedi e sarebbe stata – se lasciata a se stessa – contagiosa sia per gli altri animali che per l’uomo.
I cani da noi seguiti, accalappiati nell’ultimo mese, si trovano adesso nel canile (che tutti sappiamo sovraffollato), diventando un ennesimo costo per le casse comunali, e di certo non sono felici di vivere nelle condizioni che ben sappiamo.

Avete già avanzato delle richieste scritte alle autorità competenti? E, in caso affermativo, qual è stata la risposta?
Certo, abbiamo scritto più volte sia al Sindaco Squicciarini, che è responsabile per quanto riguarda il randagismo, sia all’ASL che alle istituzioni regionali, ma a oggi non abbiamo mai ricevuto risposta.
Noi chiediamo solo di poterci riprendere i “nostri” cani, per liberarli nelle zone in cui vivevano prima, ben integrati e tranquilli.

Si lamenta spesso che in questi tempi di crisi non si possono spendere soldi per i cani randagi. Anche voi chiedete soldi al Comune?

Assolutamente no. Anzi, noi glieli facciamo risparmiare i soldi. E ne risparmierebbe ancora di più, se ci permettesse di operare meglio. Le sterilizzazioni e castrazioni da noi effettuate costano 80€ l’una e sono state finanziate tramite l’autotassazione dei soci o le convenzioni con sponsor privati come le banche. A costo zero, quindi, per il Comune.
Lo stesso dicasi per le cure mediche e l’accudimento dei randagi sul territorio. Noi non chiediamo sovvenzioni ma ascolto e collaborazione.

Molti si preoccupano anche della pericolosità dei randagi. Spesso sono stati denunciati attacchi nei confronti di passanti indifesi. Non sarebbe più sicuro catturare e rinchiudere tutti i cani vaganti nei canili, in attesa di un possibile affido?
No, perché i cani randagi di per sé non sono quasi mai pericolosi. Lo diventano principalmente quando ci sono cagne in calore, si formano dei branchi e i cani diventano aggressivi. Laddove le cagne vengono sterilizzate e i cani più problematici castrati e se i randagi sono adeguatamente sfamati, il problema non sussiste. Il branco si forma attorno alla femmina in calore e là bisogna intervenire.

Non potrebbe esserci ostilità nei vostri confronti da parte di qualcuno cui questa cronica “emergenza randagismo” fa comodo?

A questa domanda, preferisco non rispondere e lasciare che parlino i fatti.

Che iniziative intendete adottare adesso?
Se non otterremo risposte, siamo pronti a iniziative clamorose come manifestazioni e picchetti, di comune accordo con altre associazioni animaliste pugliesi. Questa situazione deve cambiare.

Da quello che mi sembra di capire, non vi limitate a sterilizzare i cani, ma continuate ad accudirli anche dopo averli liberati, giusto?
Certo e – grazie alla nostra presenza attiva sul territorio – potremmo fornire un valido aiuto all’ASL, giacché conosciamo i randagi uno per uno. Abbiamo continuamente il polso della situazione e sappiamo dove ci sono le situazioni più pericolose.
In comuni vicini, sono stati sottoscritti accordi con associazioni animaliste. A Casamassima, per esempio, la LAV ha stabilito una convenzione in base alla quale per ogni sterilizzazione effettuata presenta al Sindaco la documentazione indicante dove si trovava la cagna, una sua foto e la descrizione delle sue caratteristiche, nonché il luogo dov’è stata rilasciata. Così è possibile avere una mappa accurata del territorio. Abbiamo chiesto anche noi di stipulare un accordo analogo, ovviamente senza esito.

Com’è possibile aiutare le vostre iniziative?
Per chi vuole sostenerci, comunichiamo c’è il c.c.p. 4264343, intestato a Legalo al Cuore Onlus – viale Japigia, 139 – 70126 Bari. Per chi voglia associarsi, le informazioni sono sul nostro sito, http://www.legaloalcuore.it/. Poiché siamo inoltre un’Onlus, è possibile destinarci in forma gratuita il 5×1000, firmando nell’apposito spazio del modello UNICO, indicando “LEGALO AL CUORE-ONLUS” e il codice fiscale 93351730721.

Si calcola che solo in Puglia vivano circa 70.000 cani randagi, record nazionale. Per fare un paragone, si stima invece che nelle regioni del nord i randagi siano meno di 7.000, per non parlare dell’Inghilterra, dove non esiste neppure un cane randagio. Tutto ciò grazie a un’oculata azione di sterilizzazione portata avanti da molti anni.
Qui è possibile consultare diverse cartine illustrative sulla distribuzione del fenomeno da cui si può evincere come si tratti di un’emergenza che colpisce essenzialmente il Meridione e in particolar modo Puglia e Campania.
Ai cani vaganti nella nostra regione dobbiamo sommare i 22.700 circa cani rinchiusi nei canili pugliesi (contro meno di 4.000 in Lombardia, per esempio), con un costo medio di 2€ al giorno per cane, spesso troppo oneroso per le già dissestate casse di molti comuni.
E come denunciato dall’AIDAA, l’emergenza randagismo in Puglia ha generato situazioni aberranti come settecento casi di randagi avvelenati con polpette alla stricnina, uccisi a fucilate o bruciati vivi solo nei primi sette mesi del 2010 (soprattutto nelle provincie di Taranto e Lecce). Senza contare gli incidenti stradali, provocati in maniera più o meno diretta, e le aggressioni subite dall’uomo.

sabato 1 Gennaio 2011

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